Partito del Lavoro o dei Lavoratori?

Del lavoro o dei lavoratori? (di Ottorino Pagani)

Il “percorso” di rigenerazione del Partito Democratico prevede anche la sottoscrizione di una petizione lanciata dal Sindaco di Bologna Matteo Lepore sul sito change.org: “Proponiamo di aggiungere al nome del nuovo Partito Democratico un richiamo esplicito al “lavoro”, quale contributo alla discussione costituente e congressuale.”

Le motivazioni per questa proposta si ritrovano nel testo della petizione stessa e in alcune interviste / prese di posizione di dirigenti / iscritti / simpatizzanti disponibili sui vari “media”; di seguito uno stralcio:

“Affiancare al concetto di “democrazia” quello del “lavoro” significherebbe determinare cosa gli elettori e le elettrici debbano aspettarsi dalla nostra comunità politica….mettere insieme democrazia e lavoro fornisce una missione al nostro partito….Avere dentro e fuori le istituzioni una cultura politica del lavoro è la migliore garanzia per la promozione di relazioni industriali positive, per l’attrattività degli investimenti, la crescita stessa delle imprese…..

Con altrettanta chiarezza dobbiamo dire che la nostra azione è rivolta a creare nuovo lavoro, semplificando, qualificando e velocizzando la pubblica amministrazione, migliorando le infrastrutture, la logistica e l’approvvigionamento energetico, con particolare attenzione alle zone del paese più deboli…..esempi di questo sono: la “carta per la logistica etica”, la “carta dei diritti digitali”, il “Piano Metropolitano per l’economia sociale”, la pubblicazione dei subappalti…. La portata politica di tale proposta  fa perno sul grave impoverimento del lavoro sia sul fronte salariale che, a causa della precarietà e della frammentazione, di quello dei diritti, rende necessario discutere non delle politiche per porvi rimedio ma anche di quale soggetto è in grado oggi, nel nostro paese, di rappresentarne pienamente le istanze.”

Per evitare un possibile equivoco / rischio di portare avanti una missione di “Consulenti del lavoro” a supporto degli orientamenti “Confindustriali” senza alcuna critica ad un  “sistema” che si dovrà urgentemente confrontare con importanti transizioni ecologiche ed economiche,  suggerirei una riflessione sull’opportunità di non richiamare un “lavoro in senso lato” bensì di aggiungere nel nome del Partito il vero “soggetto del lavoro”: i “lavoratori”; ad esempio: “Partito Democratico dei Lavoratori”. Sarebbe un ritorno alle origini e per questo potrebbe tornare utile rileggere gli “scritti politici” di Antonio Gramsci; sintetizzati, ad esempio, in questo estratto:

Nonostante gli sbagli e le manchevolezze il Partito riuscì, in ultima analisi, nella sua missione: far diventare qualcosa il proletario che prima era nulla, dargli una consapevolezza, dare al movimento di liberazione un senso diritto e vitale che corrispondeva, nelle linee generali, al processo di sviluppo storico della società umana. (oggi a maggior ragione, se si considera l’attuale debolezza psicologica dei lavoratori “dispersi nel bosco”…)…. il problema concreto immediato del Partito socialista è il problema dei modi e delle forme per cui sia possibile organizzare tutta la massa dei lavoratori italiani in una gerarchia che organicamente culmini nel partito…Partecipando all’attività generale della società umana nello Stato, i socialisti dimenticarono che la loro posizione doveva mantenersi essenzialmente di critica, di antitesi. Si lasciarono assorbire dalla realtà, non la dominarono…..il genio politico si riconosce appunto dalla capacità di impadronirsi del maggior numero possibile di termini concreti necessari e sufficienti per fissare un processo di sviluppo e dalla capacità quindi di anticipare il futuro prossimo e remoto…”

A mio avviso, è inoltre opportuno evitare di essere “mandarini di Stato”, ben descritti da Gramsci: “I mandarini appartengono tutti a una casta particolare, sono indipendenti da ogni controllo popolare, e sono persuasi che il buono e misericordioso dio dei cinesi abbia creato apposta la Cina e il popolo cinese perché fosse dominato dai mandarini. E’ dunque naturale che il popolo cinese sia nulla e i mandarini siano tutto… e che debba dare al mandarino tutto ciò che il mandarino domanda, senza preoccuparsi di sapere il perché e il percome”.

E queste considerazioni valgono, in generale, per tutta la “sinistra italiana” che, ad esempio, pensa di rappresentare le “Reti civiche” senza coinvolgerle e neppure interpellarle….