Piu’ vinti che vincitori

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Slide_Vincitore-Sala169Continua la riflessione sulle Primarie milanesi di Marco Coloretti. Uno sguardo  sullo strumento democratico, la composizione dei votanti e i problemi rimasti aperti.

 

” Le primarie hanno decretato un vincitore: Giuseppe Sala sarà il candidato sindaco del centrosinistra a Milano e questo è fuori discussione.

Sarebbe bene discutere, invece, se queste primarie (come altre tenutesi nel recente passato) sono state utili per la scelta del candidato e per il lancio della campagna elettorale del centrosinistra nella città. Cioè se hanno rappresentato quel veicolo di interesse e di passione necessario per rafforzare le candidature ed il consenso intorno alla coalizione proponente.

Alcuni dati dovrebbero far riflettere.

Rispetto al 2011, gli elettori delle primarie in città sono scesi di circa 6mila unità, oltre il 10% in meno. Eppure allora la sfida riguardava Boeri e Pisapia, figure emerite ma non così esposte a livello mediatico come gli attuali candidati (Sala per il suo ruolo di commissario Expo, Majorino e Balzani da assessori uscenti della giunta in carica). Gli stessi referenti politici guardavano al risultato partecipativo del 2011 come ad un obiettivo realizzabile se non addirittura migliorabile.

Invece, c’è stata molta meno affluenza che non si giustifica con il clima (qui si è votato anche di sabato) o con la venuta meno della sinistra radicale. A mio avviso, quel che è davvero mancato (come è successo anche altrove) è un senso forte di appartenenza e coinvolgimento nel “progetto” di governo della città che dovrebbe andare oltre il nome da scegliere. Questo sentirsi protagonisti con Pisapia scattò subito dentro le primarie e divenne il motore per la vittoria del 2011. Qui non si è sentito lo stesso afflato. E gli elettori potenziali del centrosinistra pare l’abbiano avvertito partecipando meno. Il rischio sarà trovarsi specularmente un calo degli elettori a giugno che riguarderà anche il campo del centrosinistra. L’importante è comunque vincere le elezioni (cioè con meno voti ma con uno in più degli avversari)? Certo, si può vincere anche così, ma occorre ricordare che il giorno dopo bisogna governare. E che per governare serve un consenso che vada al di là dei numeri di pura maggioranza istituzionale. E che occorre agire compiendo scelte anche difficili per le quali serve mantenere alto il confronto con i cittadini. Siamo sicuri di essere sulla strada giusta, guardando il numero totale dei partecipanti di queste primarie?

Altro aspetto è la composizione anagrafica degli elettori. I giovani sotto i 30 anni hanno rappresentato il 15% degli elettori (considerando che erano aperte ai sedicenni), mentre si andava oltre il 20% tra gli over 70. Ma lo strumento primarie non doveva raggiungere e coinvolgere quell’elettorato magari poco incline alla politica militante ma capace di appassionarsi alle scelte concrete di governo della propria città, profilo questo molto presente nelle fasce di elettorato più giovane? Non pare in queste primarie (ma anche in altre) aver funzionato a sufficienza. E’ un limite della politica, non dello strumento : se non si ritorna a figurare un’idea forte del “perché” e “come” governare una città è difficile far presa oltre i confini di chi ha già scelto il campo di appartenenza (e questo vale molto di più che conquistare il “centro” ideologico – cosa che appassiona sempre molto : semmai la vera sfida per il consenso è conquistare il centro del campo di gioco per dettare l’agenda delle cose da fare e delle soluzioni che si vogliono praticare).

Il terzo elemento è un altro campanello d’allarme che non si risolve con le scomuniche.

Riguarda la volontà, da parte di chi non ha votato Sala, di sostenerlo nel voto amministrativo. Il 30% di chi ha votato gli altri due candidati è incerto se votarlo o no. Questo dato, sommato al 5-6% che sicuramente diserterà la coalizione, rappresenta una spia. Dichiarano i docenti dell’Università Statale che hanno analizzato il voto delle primarie milanesi:

“La lealtà alle primarie degli elettori è un dato che sta scendendo negli anni, ma finora il 70% era considerato un argine: siamo scesi leggermente sotto il livello di guardia. E’ un dato che deve far riflettere per il futuro”. Solo che qui il futuro è domani. Io non sono d’accordo (lo spiegherò in un nodo successivo) su chi pensa che sommando Majorino e Balzani si sarebbe battuto Sala (spesso in politica 2 più 2 fa tre). Però è chiaro che Sala, pur vincente, deve conquistare quella maggioranza di votanti che gli ha preferito altri. E per le premesse date non c’è niente di automatico.

E’ la capacità di mettere in campo una visione della politica e dell’amministrare che può fare la differenza, se saprà risvegliare il senso di un’appartenenza comune che va oltre lo steccato della propria militanza, che oggi non passa nemmeno più tra i partiti (primo fra tutti il PD) ma che si concentra intorno ai singoli candidati.

Per questo le primarie così fatte non hanno sciolto il nodo, finendo con l’essere poco più di un “grande sondaggio”.

E ora il compito di scioglierlo passa al candidato sindaco Giuseppe Sala”.