Vorrei esprimere il più grande rammarico per la scomparsa di Pietro Ingrao. Per l’uomo che egli
è stato, il grumo di pensieri e di affetti anche familiari che ha rappresentato, ma soprattutto per il
segno così profondo e tuttora aperto e vivo che egli ha lasciato nella vita italiana.
«È morto il capo della sinistra comunista», così, con questo flash, la Tv dava domenica pomeriggio la
notizia. In questa estrema semplificazione e nei commenti di questi giorni io ho visto qualcosa che fa
riflettere.
Vuol dire che dopotutto questo paese ha una storia. Non è solo una confusa sommatoria di individui
che si distinguono tra loro solo per i modi di vivere e di consumare. Ha una grande storia di idee, di
lotte e di passioni, di comunità, e di persone, anche se questa storia noi non l’abbiamo saputa
custodire.
Perché volevamo la luna? Oppure perché non l’abbiamo voluta abbastanza?
Non lo so. So però che adesso siamo giunti a un passaggio molto difficile e incerto della nostra storia.
E che la gente è confusa e torna a porsi grandi domande e ad esprimere un bisogno insopprimibile di
nuovi bisogni e significati della vita.
Si affaccia sulla scena una nuova umanità. E io credo sia questa la ragione per cui la morte di Pietro
Ingrao (un uomo che taceva da quasi 20 anni) ha così colpito l’opinione pubblica.
Perché era di sinistra? Di questa antica parola si sono persi molti significati. E tuttora non quello
fondamentale: la lotta per l’emancipazione del lavoro, il cammino di liberazione dell’uomo dalle
paure e dai dogmi; la libertà dal bisogno e al tempo stesso …
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Pietro Ingrao è morto Un padre della Repubblica e della sinistra italiana
Pietro Ingrao, storico dirigente del Pci e presidente della Camera è’ morto.
Ingrao era nato a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915, da una famiglia di proprietari terrieri dell’alta borghesia locale, ma con radicate tradizioni liberali. Il nonno, Francesco Ingrao, era un mazziniano. Pietro era il secondogenito di una famiglia di quattro figli. Dopo gli studi classici a Formia, si trasferì con la famiglia a Roma, dove prese la laurea sia in Giurisprudenza e che in Lettere e Filosofia. Tra il 1934 e il ’35 frequentò il Centro sperimentale di cinematografia, come allievo regista. Nel 1936, in seguito all’aggressione franchista alla Repubblica spagnola, intensificò i contatti con altri giovani antifascisti, e, tramite questi, con l’organizzazione clandestina del Pci. Tra i cospiratori c’erano sono Lucio Lombardo Radice e sua sorella Laura, di cui Pietro si innamora.
Nel 1942, dopo l’arresto di molti componenti del suo gruppo, Ingrao entrò in clandestinità, operando tra Milano e la Calabria. Il 26 luglio 1943 organizzò con Elio Vittorini, a Milano, il grande comizio di Porta Venezia; lavorò inoltre all’edizione clandestina dell’Unità, prima a Milano e poi a Roma, dove nel 1944 entrò nel comitato clandestino della federazione del Pci.
Nel giugno del 1944 Ingrao sposò Laura in una Roma appena liberata. La prima figlia, Celeste, nacque nel 1945; seguiranno Bruna (1947), Chiara (1949), Renata (1952) e Guido (1958), che gli diedero, negli anni, una folta schiera di nipoti e pronipoti. Nel 1947 Ingrao venne nominato direttore dell’Unità, incarico che ricoprirà fino al 1956. Nel ’48 entrò nel comitato centrale del Pci e venne anche eletto …
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