Paderno Dugnano era un città a forte densità industriale, almeno fino agli anni ‘80. Grandi aziende in molti settori, dalla meccanica alla chimica all’elettronica, con tantissimi lavoratori addetti. Aziende con oltre 100 dipendenti erano quasi una normalità. Poi la de industrializzazione, la fine di alcuni settori colpiti dalla concorrenza internazionale, l’avvento della rivoluzione tecnologica che ha distrutto, polverizzato e disperso molti posti di lavoro.
Una società dei servizi ha recuperato in parte una forza lavoro ormai frammentata in piccole unità produttive, disarticolando coscienza di classe e solidarietà sociale.
Oggi abbiamo solo qualche grande azienda nei servizi in una una miriade di piccole e piccolissime aziende. Certo in città ci sono ancora le attività industriali come la chimica Stahl (ex-Sandoz), la Tagliabue spa, la Framesi, la Edmond Pharma, la Giussani Abrasivi etc..ma i tre grandi poli del lavoro sono ormai Il Municipio, La Clinica San Carlo e Il Carrefour Brianza.
Non mancano neppure episodi di crisi aziendali, che non possiamo scordare. Ad ottobre, a causa di una ristrutturazione aziendale senza apparente senso, GranCasa ha venduto e chiuso il deposito di Paderno Dugnano, senza comunicare nulla ai lavoratori, senza lettere di licenziamento, senza aprire nemmeno una procedura di Cassa integrazione per i 37 lavoratori. Un atteggiamento brutale e incivile.
Poi Ecobat, azienda erede della Tonolli, che appena terminata la cassa integrazione per tutti, ha comunicato il licenziamento collettivo di 7 lavoratori di Paderno Dugnano. Infine la battaglia interminabile dei lavoratori ILVA di via Pasubio che rischiano il posto di lavoro per le vicende nazionali della più grande acciaieria d’Italia che il governo vuole chiudere.
Sono lavoratori e famiglie che avranno un Natale difficile, forse addirittura senza la speranza di un lavoro e di un futuro dignitoso. Non dimentichiamole.