Comunque vada vince l’egoismo

Home Internazionale Comunque vada vince l’egoismo

JoCoxComunque vada ha vinto l’egoismo.

In attesa degli ultimi spogli (scrivo alle 6am di venerdì 24) la vittoria dei fautori della brexit sembra assai probabile e fotografa la situazione prevista, una sostanziale spaccatura a metà tra chi, tra i cittadini del Regno Unito, vuole restare in Europa e chi invece preferisce uscirne.

Andranno a stare meglio o peggio ?
Come impatterà sulle vite degli altri cittadini europei ?

Fino ad ora sono state fatte solo ipotesi ma, soprattutto, sono state fatte per cercare di portare acqua ad uno dei due mulini.

Fra qualche ora sapremo con esattezza quale delle due parti ha vinto il democratico confronto referendario, che va rispettato, ma chiunque vinca, dentro o fuori l’Unione Europea, sia nel Regno Unito che nel resto della UE, non può prendere semplicemente atto del risultato.

Intanto perché poco meno della metà degli elettori anglosassoni non sarà comunque soddisfatta e qualche risposta bisognerà darla anche a loro, ma anche perché il risultato è figlio di una grave crisi generalizzata, anche di valori, ma è soprattutto figlio della miopia delle classi dirigenti europee degli ultimi decenni.

In primo luogo proprio la classe dirigente Britannica, che non ha mai voluto battersi per una maggiore integrazione preferendo inseguire distinguo pro domo propria.

Poi la tecnocrazia Europea, che da tempo ha dimenticato il sogno dei Padri fondatori, preferendo il piccolo cabotaggio, allargarsi senza scontentare nessuno, unione monetaria senza un reale percorso verso una qualche forma di unione politica, scontentando molti e favorendo lo svilupparsi di localismi legittimi e, più spesso, di locali egoismi.

La Germania, la Francia e i Paesi Bassi, pur pontificando continuamente, si sono ben guardati dal favorire politiche unitarie sulla difesa, sugli esteri, sull’energia, preferendo, quando a fatto comodo loro, ballare da sole, trattando direttamente di volta in volta con gli Stati Uniti, con la Russia o con gli altri soggetti dello scacchiere internazionale.

E l’Italia, tra i grandi paesi fondatori, che spesso è risultata assente e che oggi chiede un maggiore slancio europeista, soprattutto rispetto alla crisi dei migranti che la vede in prima fila, rischiando di essere in drammatico ritardo.

Gli altri paesi sono entrati chiedendo (comprensibilmente) soprattutto vantaggi dalla loro adesione ma spesso senza portare un contributo ideale, più interessati, come tutti, a rispondere alle esigenze elettorali locali.

Il risultato è che oggi, ma non da oggi, all’ordine del giorno sui tavoli europei non troviamo più fratellanza, condivisione, solidarietà, difesa delle minoranze, abolizione degli stati nazionali sovrani ma soprattutto regole, moneta, economia mentre la burocrazia continentale non ha sostituito ma si è andata invece ad aggiungere ai “burocraticismi nazionali” mentre gli stati sono restati egemoni.

[…]

Il punto sul quale essi cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello stato nazionale. Potranno così far presa sul sentimento popolare più diffuso, più offeso dai recenti movimenti, più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento patriottico. In tal modo possono anche sperare di più facilmente confondere le idee degli avversari, dato che per le masse popolari l’unica esperienza politica finora acquisita è quella svolgentesi entro l’ambito nazionale, ed è perciò abbastanza facile convogliare, sia esse che i loro capi più miopi, sul terreno della ricostruzione degli stati abbattuti dalla bufera.

Se raggiungessero questo scopo avrebbero vinto. Fossero pure questi stati in apparenza largamente democratici o socialisti, il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo. Risorgerebbero le gelosie nazionali e ciascuno stato di nuovo riporrebbe la soddisfazione delle proprie esigenze solo nella forza delle armi. Loro compito precipuo tornerebbe ad essere, a più o meno breve scadenza, quello di convertire i loro popoli in eserciti. I generali tornerebbero a comandare, i monopolisti ad approfittare delle autarchie, i corpi burocratici a gonfiarsi, i preti a tener docili le masse. Tutte le conquiste del primo momento si raggrinzerebbero in un nulla di fronte alla necessità di prepararsi nuovamente alla guerra.

[…]

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni – 1941 – Manifesto di Ventotene

Oggi il mondo è globalizzato e complesso, ma invece che cercare di comprenderlo (e aiutare a comprenderlo), razionalizzarlo e sfruttarne i vantaggi che possono essere per tutti, viene preferita la semplificazione, la chiusura, l’egoismo. Rinunciando alla solidarietà, si rinuncia al diritto alla libertà di alcuni in attesa di perderlo noi stessi.

[…]

Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.

La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni – 1941 – Manifesto di Ventotene

Oggi, comunque vada, l’Europa dei popoli è più lontana, ha vinto l’egoismo, mentre in UK già si alzano le bandiere secessioniste di Scozia e Irlanda del Nord ma queste sono proprio tra le cose che, nel secolo breve, hanno portato a due guerre mondiali.

Alla minoranza di noi, convinti europeisti, non resta che onorare,e piangere, Jo Cox.

I commenti sono disabilitati