Referendum Trivelle: “qualche motivo per votare NO o non andare a votare”

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Mi rendo conto di quanto possa essere facile restare impressionati da una campagna ambientalista con immagini di un gabbiano impregnato di petrolio che tenta disperatamente di aprire le ali. Ci vengono le lacrime agli occhi, oltre ad un senso di impotenza. Tanto da pensare che quello del referendum contro le trivelle potrebbe essere finalmente l’occasione per manifestare la nostra contrarietà di fronte a questi fatti. Energia

Ma poiché siamo chiamati a dare un voto, sarebbe auspicabile che ognuno di noi raccogliesse tutte le informazioni possibili, ragionasse sull’argomento, per poi prendere una decisione sul voto con la propria testa. Io, che ho a cuore l’ambiente, come spero tutti, ho deciso di fare questo sforzo e di prendermi del tempo per andare oltre i luoghi comuni e cercare di informarmi in modo un po’ più approfondito, analizzandone i diversi aspetti.

Ho iniziato con il ricostruire come è nata la motivazione a questo referendum:

Nel Settembre del 2015,  ‘Possibile’, il movimento fondato da Giuseppe Civati, aveva promosso otto referendum, ma non è riuscito a raccogliere le 500mila firme necessarie per chiedere un referendum popolare (secondo l’articolo 75 della costituzione).

Poche settimane dopo, 9 Consigli Regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia.

A Dicembre del 2015 il Governo ha modificato alla legge di stabilità per tenere conto delle modifiche suggerite dai quesiti referendari, e per questo la Cassazione li ha riesaminati e l’8 Gennaio 2016 ne ha dichiarato ammissibile solo uno, poiché gli altri cinque sono stati recepiti dalla legge di stabilità.

Il referendum si svolgerà Domenica 17 Aprile. In molti chiedevano di spostare il voto a giugno, in concomitanza con le elezioni amministrative in molte città, per risparmiare sull’allestimento dei seggi. Affinché il referendum sia valido deve essere raggiunto il quorum (50%) e svolgere in contemporanea amministrative e referendum avrebbe avvantaggiato i promotori del quesito referendario, aumentando la possibilità di raggiungere il quorum.

Sulla base della Legge (decreto 98 del 2011), che non prevede che le elezioni possano svolgersi in concomitanza con un referendum, il Governo e il Presidente della Repubblica hanno deciso di convocare il referendum abrogativo il 17 aprile.

A valle dell’analisi fatta e che leggerete più avanti, credo che in fin dei conti il modo migliore per risparmiare era quello di evitare il referendum!

Dal punto di vista occupazionale, la vittoria del SI, con molta probabilità comporterà la perdita di migliaia di posti di lavoro, motivo che ha portato diversi sindacati a schierarsi a favore del NO. Dal punto di vista economico, la dismissione anticipata degli impianti avrà sicuramente un impatto negativo legata ai costi di ammortamento.

Ma le considerazioni che mi preme maggiormente fare sono le seguenti:

1 – Lo stop che prevede il referendum riguarda per lo più il gas metano e meno il petrolio.

Il petrolio estratto in Italia proviene per la maggior parte da giacimenti a terra, non a mare. Gli impianti oggetto del referendum estraggono fondamentalmente metano, che nonostante sia una fonte energetica fossile, è di gran lunga meno inquinante del petrolio e ancora per molti versi insostituibile; attualmente rappresenta circa il 25% dell’offerta energetica mondiale.

Nella pagina del sito del Ministero dello Sviluppo Economico – DIREZIONE GENERALE PER LA SICUREZZA ANCHE AMBIENTALE DELLE ATTIVITÀ MINERARIE ED ENERGETICHE (DGS-UNMIG), si riporta l’elenco delle piattaforme oggetto del referendum. (sito MInistero dello Sviluppo Economico – MISE)

  • Oltre le 12 miglia sono presenti 43 strutture di cui solo 31 produttive, 1 a OLIO con 2 pozzi (Aquila), le restanti tutte a GAS.
  • Entro le 12 miglia sono attualmente presenti 92 strutture di cui 48 in produzione: 9 a OLIO e 39 a GAS.

E’ evidente che la percentuale di impianti a OLIO è in netta minoranza rispetto a quelli a GAS.

  • La vittoria del SI porterà comunque alla costruzione di altri impianti.

La costruzione di piattaforme entro le 12 miglia è vietata per legge dal 2006 (comma 17 dell’art. 6 del D.Lgs 152/06). Non ne saranno costruite di nuove, ma indipendentemente da questo referendum.

2 – La vittoria del SI non potrà impedire alle compagnie petrolifere di continuare a costruire nuovi impianti oltre il limite delle 12 miglia. Potranno scegliere se costruire nuovi impianti poco oltre le miglia oppure andare a cercare giacimenti altrove, in acque più lontane dalla costa, sulla terraferma o in altri paesi.

In ogni caso, per sopperire al fabbisogno energetico, altri impianti saranno costruiti ed altri saranno potenziati, almeno per sopperire al fabbisogno di GAS in Italia. Siamo tutti d’accordo della necessità di aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili, ma il passaggio è un processo che richiede del tempo e questo referendum, non lo velocizza.

3 – La vittoria del SI non scongiura un rischio ambientale. Nel caso di un grave incidente a una piattaforma petrolifera posizionata “correttamente” oltre il limite delle 12 miglia, pensate che un miglio, 5 miglia o anche 20 miglia possano fare la differenza? Avrebbe comunque un grande impatto ambientale. Ricordo però che nel caso di un incidente con perdita di GAS, il gas non resterebbe nell’acqua, ma si diffonderebbe nell’aria, con un impatto molto più ridotto.

4 – La vittoria del SI contribuirebbe ad aumentare l’import di petrolio e anche un po’ l’inquinamento dovuto al maggiore traffico di petroliere nei nostri mari, per trasportare in Italia i combustibili che abbiamo deciso di non estrarre più ma di cui comunque avremo bisogno.

Petroliere alimentate a petrolio, che trasportano petrolio e che possono essere soggette a perdite e/o sversamenti. Senza poi dimenticare che, sempre in Adriatico, Croazia, Albania e Grecia continueranno a costruire trivelle e ad estrarre petrolio, con eventuali rischi di inquinamento. Insomma, a livello di rischio ambientale non cambia molto.

Per quanto riguarda il gas, il trasporto dovrebbe essere effettuato attraverso nuovi gasdotti o per mezzo di navi LNG (a gas liquefatto) a cui dovrà essere associata la costruzione di rigassificatori sulla costa o su strutture galleggianti a mare, per riportare il gas liquido allo stato gassoso.

5 – La vittoria del SI non si traduce in una immediata politica a favore delle energie rinnovabili. Sono consapevole che l’utilizzo dei combustibili fossili non sia una pratica sostenibile, ma all’indomani della cessazione delle attività nelle piattaforme, l’Italia non riuscirà a sostenersi solo con energia pulita.

Proprio per questo, piuttosto che alla costruzione di nuovi impianti, bisognerebbe puntare allo sfruttamento residuo degli impianti esistenti, considerati come supporto alle energie rinnovabili, sempre più in crescita, ma non ancora sufficienti. In un futuro, purtroppo ancora abbastanza lontano, si spera che verranno utilizzate esclusivamente energie rinnovabili, ma ciò può essere fatto un passo alla volta, con la consapevolezza che è necessario un periodo di transizione e che l’utilizzo soprattutto del gas è necessario in questo passaggio.

In altre parole, se smettiamo di utilizzare gas e petrolio dobbiamo essere in grado di sostenere il paese in un altro modo altrettanto efficiente. Tenendo conto anche di eventuali cambiamenti di strategie dei paesi che attualmente ci forniscono gas e petrolio (Russia, Nord Africa e Africa Occidentale, solo per dirne alcuni)

Ciò che è davvero necessario è definire un Piano Energetico dettagliato che permetta all’Italia di pianificare al meglio la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili, volto alla protezione del clima e rispettoso del territorio e dei mari italiani.

Già da tempo comunque, tutte le principali compagnie petrolifere internazionali, coscienti dell’impatto che le fonti fossili hanno sul clima e che queste sono comunque in esaurimento, investono sulle fonti energetiche rinnovabili, se non altro per restare attori principali del settore energetico.

6 – La vittoria del SI contribuirà ad un ulteriore sfruttamento dei paesi in via di sviluppo. Se tra qualche anno verranno dismesse le piattaforme italiane senza che il passaggio alle fonti rinnovabili sia completo, per riscaldare le nostre case e produrre energia elettrica servirà ancora metano e petrolio. Prodotti che le compagnie petrolifere, per garantire il fabbisogno energetico italiano, dovranno andare a cercare in altri paesi e che dovranno pagare più di quanto viene a costare quello italiano.

E noi saremmo costretti ad acquistarli ad un prezzo più alto, ma con la coscienza più pulita, convinti di aver protetto il nostro mare, da perfetti ambientalisti.

Per poi andare ad estrarre gas nei paesi Africani (Mozambico, Angola, Egitto, …), dove magari le leggi che regolamentano le estrazioni sono meno severe che in Italia, dove i controlli sono meno rigorosi, dove le popolazioni sono meno informate e sensibilizzate sull’ambiente, più preoccupate a sopravvivere alla fame.

7 – Il referendum non è lo strumento più adatto per risolvere un tema così complesso e così tecnico, soprattutto quando si fa leva sulla disinformazione dei cittadini e su ciò che una trivella rappresenta nell’immaginario collettivo.

Trivellare non significa necessariamente essere contro le politiche ambientaliste, tanto più che la normativa di settore è molto severa e restrittiva nei confronti delle concessioni e degli adempimenti a cui le compagnie petrolifere devono attenersi. Non a caso la Norvegia, considerata uno dei paesi che ha più a cuore il rispetto per l’ambiente, ha un’economia nazionale fondata per gran parte sull’estrazione di petrolio da giacimenti presenti nell’Atlantico vicino alle sue coste. Recentemente è entrata in produzione la più grande e innovativa piattaforma petrolifera Norvegese (Goliat), situata nelle acque Artiche, con operatore Eni.

8- E non è vero che la presenza degli impianti ostacola il turismo. Se così fosse, il litorale romagnolo, dove è presente il maggior numero di impianti, non baserebbe la propria economia sul turismo da anni. Tanto è vero che l’Emilia Romagna NON è tra le regioni firmatarie del referendum.

9 – Alle regioni che hanno indetto il referendum vorrei chiedere se non fanno più danno al loro mare gli scarichi fognari diretti in mare senza depuratori, a una distanza ben inferiore alle 12 miglia.

10 – Ai pescatori, così attenti al loro mare, vorrei chiedere con quale combustibile alimentano i loro pescherecci e se le modalità di pesca che adottano sono sempre rispettose delle norme che regolano la pesca.

In conclusione, mi sembra che sia ingannevole votare SI solo perché si ha a cuore l’ambiente.

Mi auguro semplicemente che chi deciderà di votare SI abbia un comportamento ineccepibile dal punto di vista energetico. Che non significa solo fare la raccolta differenziata e andare in bicicletta. Significa essere pronti, per coerenza personale, a rinunciare all’indomani del referendum a qualsiasi forma di utilizzo dei combustibili fossili. Significa non possedere né auto né moto che non siano elettriche (bisognerebbe poi verificare come viene prodotta l’energia elettrica); significa non viaggiare né in aereo né in nave; significa avere una casa totalmente sostenuta da rinnovabili, ben coibentata ed efficiente, con riscaldamento a energia solare o eolica; significa non comprare tantissimi prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana e la cui produzione richiede l’uso di combustibili fossili.

Insomma, significa essere coerenti dal punto di vista energetico e avere uno stile di vita davvero green.

Ma quanti, tra quelli che voteranno SI, hanno o avranno una condotta del genere?

Il petrolio inquina, lo sappiamo! Nostro compito è fare in modo che inquini sempre meno e che la salute delle popolazioni venga tutelata. Ma forse, non tutti si rendono conto di come il petrolio e i sui derivati hanno migliorato le condizioni di vita delle popolazioni, tanto da aumentare l’aspettativa di vita mondiale dai 50 anni prima della Rivoluzione Industriale, ai 72 anni attuali e che solo la disponibilità di energia ha reso possibile.

Al Referendum del 17 Aprile siamo chiamati a rispondere ad un quesito molto preciso, NON è un sondaggio per sapere se siamo ambientalisti.

Al Referendum del 17 Aprile voterò NO, anzi non andrò a votare, convinta che la partecipazione sarà bassa e quindi utilizzerò tutte le possibilità che la legislazione italiana mi mette a disposizione in materia di referendum. Possibilità che tutti gli schieramenti hanno usato in materia di referendum per sostenere i propri convincimenti da quando esiste la Repubblica Italiana.

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