I salari? possono attendere

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i dati OCSE sui salari dal 1990 al 2200

Luca Piana, capo servizio Finanza presso il quotidiano la Repubblica, ha pubblicato ieri un lungo articolo dal titolo:”Il tarlo che divora gli stipendi. In Italia sono più bassi del 1990”. Espone in maniera puntuale i dati dell’OCSE ma non ne trae le conseguenze logiche che pure indirettamnete denuncia.

Qual’è questo tarlo?

Per Piana i salari non sono cresciuti perché non è cresciuta la produttività. Ma di chi è la responsabilità di questa bassa produttività?:” la produttività è determinata da tutti i fattori che possono contribuire alla crescita, agli investimenti in capitale umano, in tecnologia, la dimensione delle imprese, l’apertura dei mercati, l’efficienza della burocrazia”. Quindi dell’impresa e non dei lavoratori? Questo Piana non lo può dire.

Ma quali fattori, dagli anni 1990 al 2020 hanno aumentato le diseguaglianze e determinato l’impoverimento della classe operaia? Secondo lo stesso Piana: l’abolizione della scala mobile del 1992 e l’aumento delle esternalizzazioni in appalto a cooperative (finte)soprattutto dal 2008. Quindi avevano ragione i sindacati e i lavoratori ad opporsi a questi due fenomeni e non la Confindustria?

L’impudenza di Piana è totale. Sul taglio della scala mobile afferma senza commento: ”Passati i trent’anni gli indubbi meriti di quell’accordo sono ormai scoloriti nella memoria”. Anche la diminuzione dei salari è stato indubbio, e i lavoratori se lo ricordano ancora!

Sulle esternalizzazioni registra il fenomeno senza una critica e un accenno alle diseguaglianze: “in altri casi sono stati sottoscritti accordi a condizioni largamente peggiorative, che incidono sull’andamento dei salari, soprattutto nei servizi affidati a cooperative e appaltatori esterni”.

E poi serafico” E’ qui che è stato scaricato il recupero della produttività che alcune aziende non riuscivano a conservare altrove”. Quindi? Adesso che strada si deve intraprendere?

Forse quella di ridiscutere questi due dogmi dell’Impresa e puntare sui salari e sul lavoro diretto? No.

La Repubblica ci offre la ricetta dell’economista Claudio Lucifora che indica i contenuti di un nuovo patto sociale. “Ecco lo scambio potrebbe spingere le imprese a puntare su occupazione, miglioramento delle condizioni di lavoro, riduzione dei contratti a termine e migliori opportunità per donne e giovani, offrendo in cambio la possibilità di rinviare a un secondo momento le richieste di aumento salariale”. Evidentemente una ricetta nuova.

E “Repubblica” non fa un plissè, sposando senza riserve l’ideologia padronale.