
Articolo di Ottorino Pagani:
“Di seguito la descrizione della città di Sofronia tratta dal libro “Le città invisibili” di Italo Calvino:
“La città di Sofronia si compone di due mezze città. In una c’è il grande ottovolante dalle ripide gobbe, la giostra con la raggiera di catene, la ruota delle gabbie girevoli, il pozzo della morte coi motociclisti a testa in giù, la cupola del circo col grappolo dei trapezi che pende in mezzo. L’altra mezza città è di pietra e marmo e cemento, con la banca, gli opifici, i palazzi, il mattatoio, la scuola e tutto il resto. Una delle mezze città è fissa, l’altra è provvisoria e quando il tempo della sua sosta è finito la schiodano, la smontano e la portano via, per trapiantarla nei terreni vaghi d’un’altra mezza città. Così ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento, smontano il ministero, il monumento, i docks, la raffineria di petrolio, l’ospedale, li caricano sui rimorchi, per seguire di piazza in piazza l’itinerario d’ogni anno. Qui resta la mezza Sofronia dei tirassegni e delle giostre, con il grido in sospeso dalla navicella dell’ottovolante a capofitto, e comincia a contare quanti mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e la vita intera ricominci.”
Il finale inaspettato di questo breve racconto suggerisce un paio di considerazioni:
- a Milano, negli ultimi decenni, il conteggio dei “mesi e dei giorni per il ritorno della carovana e il ricominciare della vita intera” si è interrotto; la globalizzazione, per soddisfare agli interessi finanziari speculativi, ha dirottato in altre parti del mondo la città “produttiva” che costituisce la base per sostenere le strutture e le istituzioni della società. La città tradizionale è stata uccisa da uno sviluppo capitalistico sfrenato, basato sulla continua necessità di spendere il capitale accumulato in eccesso e che porta a una crescita urbana esponenziale, senza nessuna preoccupazione per le conseguenze sociali e ambientali.
- Milano, capitale della moda e del design, si propone anche come sede naturale della “web economy di importazione”, con una miriade di “Data Centers” e di lavori dequalificati degli addetti ai servizi, all’immagine, alla comunicazione e alla propaganda; alla ricerca costante di una forte attrattività per i “consumatori metropolitani”, che si caratterizza:
- con migliaia di locali che di notte la trasformano in una Disneyland del cibo e del bere, anche sui marciapiedi privatizzati diventati “dehors”;
- con centri commerciali, ovunque, sempre più grandi, in centro e nell’area metropolitana;
- con la produzione continua di eventi, situazioni, modi di essere, bisogni glamour e desideri effimeri.
Cioè, è rimasto solo il luna park gestito dai fondi immobiliari internazionali che hanno trovato un paradiso fiscale per la rendita, dove costruire è facile e poco costoso.”