Bollate Data Center: perché?

Articolo di Ottorino Pagani:

“La propaganda dei sostenitori di questi artefatti digitali è aggressiva e infarcita della solita retorica sul futuro che, secondo loro, dipende solo dalla “sovranità digitale di un paese”; ad esempio, secondo l’IDA (Italian Data center Association), “È essenziale che lo Stato riconosca i data center come infrastrutture strategiche, al pari delle reti di telecomunicazione, dell’energia o dei trasporti. Solo così sarà possibile attivare iter autorizzativi accelerati, tutela contro vincoli urbanistici incoerenti, piani industriali coordinati a livello nazionale”.

A dispetto di queste “certezze”, anche la Regione Lombardia incomincia a porsi il problema:

Dal sito web della rivista Wired del 2-3-2025: “Data center in Lombardia, sono troppi? Dopo moda, design e business, Milano vuole diventare anche la capitale dei bit. I numeri, in realtà, la rendono già tale: in termini di richiesta di potenza energeticaper i macchinari il capoluogo lombardo (238 MW) vale quasi la metà del totale italiano (513 MW). Non solo: il quantitativo cresce a velocità doppia rispetto al resto del paese. Oltre il 70% dei data center più energivori, quelli che da soli consumano il 37% della potenza IT totale della Penisola, sono infatti situati nei dintorni della città. E si allacciano alla sua rete….La rete elettrica potrebbe “rischiare più facilmente dei blackout”, accenna Elisabetta Confalonieri, dirigente della Regione Lombardia, intervenendo a un incontro sull’AI organizzato dagli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano. “La sola Lombardia non può gestire questo carico per tutta l’Italia, se poi il territorio non ne trae effettivi benefici”. Perché da considerare ci sono, oltre ai consumi energetici, anche quelli idrici. Oltre al risvolto occupazionale: queste strutture altamente automatizzate non portano aumenti consistenti di forza lavoro. I dati rilevati da Ida – Italian Data Center association parlano infatti di 28.000 posti creati dal settore, ma solo 8.000 sono dipendenti a tempo pieno, e sono stati stimati considerando tutta l’Italia. Insomma, chi ci guadagna?….“Mancano stime su consumi di energia, acqua e suolo: c’è un enorme lavoro da fare in materia di pianificazione che compete alla Regione. Ma in Lombardia siamo rimasti alla Legge Regionale del 12 ottobre 2005 e ai ‘classici’ permessi da chiedere bussando porta per porta ai Comuni, totalmente inadatti alle esigenze attuali sia dal punto di vista energetico che autorizzativo…”.

La criticità della situazione è visibile on line sul sito datacenters.com, sezione Lombardia.

Oltre all’impatto energetico ed entropico non sostenibile, una densificazione tecnicamente inspiegabile nell’area metropolitana lombarda e le ricadute occupazionali insignificanti e prevalentemente dequalificate, per rispondere alla domanda: chi ci guadagna? Dobbiamo considerare anche l’utilità sociale della “data economy”: la ridondanza dei data center serve per la profilatura e la sorveglianza degli utenti attraverso l’utilizzo di calcoli automatici basati su medie probabilistiche dei dati che vengono estratti (in modo non consensuale e in quantità inimmaginabile) dalla nostra vita quotidiana. La “calcolabilità” dei flussi comportamentali e l’utilizzo di algoritmi in grado di indirizzare l’agire umano e pilotare l’opinione pubblica attraverso i social media, sono le “competenze” di queste multinazionali digitali. I loro clienti sono gli inserzionisti a cui vendono la loro capacità di convincerci a comprare qualcosa. Quindi il vero prodotto di questi monopoli tecnologici è la persuasione, e i loro incredibili profitti si basano sul controllo monopolistico della nostra comunicazione, del nostro commercio e del nostro libero arbitrio.

Ma in questo poco edificante scenario: perché dovremmo accettare supinamente un ennesimo data center a Bollate?