
Il 10 gennaio scorso è morto l’architetto Marco Romano.
Non spetta a me tracciarne il profilo. Per Pierluigi Panza, “è stato l’inventore dell’estetica della città” e sul Corriere della Sera ne ha tracciato un breve ma intenso ritratto affermando che “l’urbanista e saggista milanese era il teorico della ricerca del bello nella progettazione delle metropoli moderne.”
Marco Trisciuoglio, sul Giornale dell’Architettura, lo definisce “magister urbis” infinitamente curioso, generoso senza mai mostrare d’esserlo, indomito “esploratore di città”, viaggiatore instancabile di regioni lontane così come della più minuta provincia italiana, irriverente e appassionato nella polemica, strenuo indagatore di cibi, vini e bellezza per quel che raccontano delle civiltà umane. È stato un intellettuale di tradizione socialista e di convinzione liberale, con profondissime radici nella cultura europea di derivazione borghese e illuminista.”
Ne scrivo perché forse pochi ricordano che l’architetto Marco Romano, nelle due occasioni-che io ricordo –del suo incontro con la città di Paderno Dugnano, non ha avuto fortuna. Anzi possiamo dire che la sua lezione non è stata compresa: non nel 1964 e neppure nel 2022.
La prima volta di Marco Romano con Paderno Dugnano, come racconta lo stesso, “fu nell’inverno del 1964 quando venne chiamato dall’assessore all’Urbanistica Umberto Risso per “modernizzare” i servizi e lo sviluppo della città di Paderno Dugnano. L’architetto Romano, consapevole che le nuove amministrazioni comunali di centro sinistra puntavano molto sul rifacimento dei PRG, sui piani di 167 e sui nuovi servizi, propose all’Amministrazione Comunale l’idea di un Centro Civico perché ”Paderno Dugnano era un paese sgretolato in molteplici nuclei abitati più o meno recenti, distanti tra loro qualche chilometro ciò che quasi imponeva, per il decollo di un solo centro comunitario, di concentrarvi tutti i servizi e le funzioni di livello comunale e non solamente qualcuna di esse”.
Ma quel progetto (ben descritto nel n.11 del 1980 della rivista “Spazio e Società”) si realizzò solo a metà.Fu costruito solo il Palazzo Inam.L’intero progetto fu prima sabotato dall’nterno della giunta di centro-sinistra a guida dc e poi abbandonato dalle amministrazioni successive.
La seconda volta è stato nel 2022 quando l’architetto Romano venne chiamato dal “Circolo Restare Umani” alla presentazione di un progetto di riqualificazione ”green”, promosso da una classe del Liceo Boccioni di Milano in collaborazione con l’architetto Giovanni Maffioletti e dalla stessa presidenza dell’ Associazione Restare Umani.
Aveva contribuìto al lancio di quel progetto anche un gruppo di cittadini che si era opposto alla demolizione del Palazzo Inam e che ne aveva scritto alla Sopranintendenza del Beni culturali, nel 2021.
Grazie a quell’incontro, tra studenti liceali, l’ architetto Maffioletti e Restare Umani, ne era scaturito un progetto originale di riqualificazione che si preoccupava non solo di salvare dalla demolizione il Palazzo INAM (mai amato dai cittadini) ma se ne proponeva un’originale ristrutturazione illustrata, nel novembre 2022, in un incontro pubblico in Tilane. Il progetto fu presentato al Sindaco di allora, che però lo ignorò.
