Sabato 1 febbraio 2025 ore 14,30

Domani a Sesto San Giovanni si ritroveranno le delegazioni dei Comuni dell’area milanese per ricordare i lavoratori deportati nei campi di concentramento.

Di seguito un breve stralcio di Giuseppe Vignati della Fondazione ISEC sulla
DEPORTAZIONE DEI LAVORATORI NELL’AREA INDUSTRIALE DI SESTO SAN GIOVANNI

“La deportazione politica di Sesto San Giovanni rimanda fedelmente l’immagine di una realtà costituita da lavoratori immigrati e pendolari. Solo il 6,2% era nato a Sesto San Giovanni, il 52,6% era nato in provincia di Milano e il 19% circa nelle altre province lombarde, il 27% circa era nato nel resto d’Italia, poco meno dell’ 1,5% all’estero.
Solo il 28% dei 448 deportati dei quali è noto il luogo di residenza abitava a Sesto San Giovanni. Il 20,6% risiedeva nei comuni limitrofi, di questi il ​​40,8% (38) risiedeva a Cinisello Balsamo, il 59,1% (55) a Monza. Il 31,5% del totale risiedeva a Milano, il 17% negli altri comuni della provincia, il 2,5% nelle altre province lombarde.
I deportati morti furono 220, tutti uomini. 215 morirono nei Lager o negli ospedali alleati, 5 furono fucilati nel poligono di Cibeno, nei pressi del campo di Fossoli, il 12 luglio 1944. Altri 10 morirono dopo il loro rientro in Italia tra il 1945 e il 1950 a causa della deportazione. Se si dovranno i 27 rimasti a Bolzano, rilasciati o fuggiti dai campi in Italia, il tasso di mortalità è del 37,9 % rispetto a una media stimata del 90%. Dei 206 deportati caduti nei Lager dei quali è noto il luogo di morte, 173, cioè l’84%, perirono a Mauthausen e nei suoi sottocampi (93 solo a Gusen), gli altri 33 morirono in altri Lager, 8 fra questi caddero a Kahla, 6 a Flossenburg, 4 a Buchenwald, 3 a Dachau.
Fra l’ottobre 1944 e l’aprile 1945, caddero 167 deportati, il 78,4% dei 215 deportati morti nei Lager tedeschi. La mortalità cresceva quanto più l’età era avanzata. La quasi totalità dei deportati era in età lavorativa. Solo 18, il 3%, aveva fra 54 e 65 anni, uno solo di questi sopravvisse. Al momento della deportazione il 14% dei 535 deportati, dei quali è nota la data di nascita, aveva fra 14 e 23 anni (il 23% morì); il 27,6% aveva fra 24 e 33 anni (il 31,5% cadde); il 36% si collocava fra 34 e 43 anni (il 46% morì), il 14,4% era nella fascia di età fra i 44 ei 53 (il 53% non sopravvisse).
Il numero relativamente alto di sopravvissuti era dovuto, come si è visto, all’età e quindi alla resistenza fisica degli internati, al periodo più o meno breve di permanenza e al tipo di Lager nel quale si era imprigionati: di sterminio, di lavoro , per militari, di punizione. A questo proposito la causa e le circostanze della cattura non erano sempre decisive: la destinazione a un tipo di campo era spesso connessa alle necessità della produzione bellica. Un altro fattore decisivo di sopravvivenza era il mestiere e la specializzazione.“..