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A proposito di politica energetica

Articolo di Ottorino Pagani:

“L’affermazione “Chi controlla la produzione di energia determina i destini del mondo” sottolinea il ruolo fondamentale che le politiche energetiche svolgono nel definire la direzione dello sviluppo  delle società e dello scenario globale futuro. Nel nostro Paese, invece di accelerare l’utilizzo  delle fonti rinnovabili per arrivare alla piena decarbonizzazione e indipendenza della produzione di elettricità, il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione e il continuo utilizzo del gas che dobbiamo importare in una situazione geopolitica complessa e che condiziona fortemente i costi energetici per famiglie e imprese.

Un esempio di questa contraddizione è evidenziato nel comunicato stampa del comitato “100% rinnovabili network”, costituito da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF Italia, che riportiamo di seguito.

“Stando a quanto anticipato in un articolo di Repubblica, sarebbe in corso in Confindustria un’operazione per sostituire Agostino Re Rebaudengo al vertice di Elettricità Futura – spiega il network -. Questa ricostruzione giornalistica conferma le preoccupazioni che le nostre organizzazioni manifestano rispetto ai gravi passi indietro che il Paese rischia di fare sulla transizione energetica per arrivare alla possibile decarbonizzazione del sistema elettrico entro il 2035, come già deciso in Germania. Il lavoro del governo Meloni per rallentare la transizione ecologica è molto evidente e il Pniec inviato a Bruxelles è la cartina di tornasole di questa involuzione a favore dei signori del gas”.

Le associazioni hanno inoltre aggiunto: “Le ripetute uscite del neo presidente di Confindustria Orsini contro il Green Deal non fanno altro che assecondare un possibile declino

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Una polemica vecchia come il mondo

Ieri sera in Consiglio Comunale presentazione ed approvazione del “Piano per il diritto allo Studio”. Un buon piano, che si può sempre migliorare.

Nel dibattito è emersa una differente concezione che dell’uguaglianza hanno il centrodestra e il centrosinistra. Per il primo l’uguaglianza è un concetto formale e astratto che prescinde dalla realtà sociale del paese. Per il centrosinistra  è sostanziale perché si cerca di realizzarla, per quanto possibile.

Viene alla mente anche una polemica del 1976 che guadagnò una pagina del quotidiano l’Unità e l’attenzione del polemista Fortebraccio.

L’ antefatto fu la presa di posizione di una nota organizzazione clericale che criticava la decisione della giunta di sinistra perché aveva fissato nuove tariffe per la refezione scolastica in base alle fasce di reddito. Apriti cielo. Cito dal volantino:”il nuovo criterio è fortemente diseducativo. Il fatto di dividere gli alunni (e le famiglie) fra ricchi e poveri contrasta infatti fondamentalmente con l’esigenza di realizzare nella scuola condizioni minime di unità e di uguaglianza sociale”..e..”almeno fra i bambini riteniamo questioni di denaro non dovrebbero costituire fonte di divisione e quindi di individualisamo”.

Fortebraccio così rispondeva:

“Questo è il punto, ed è un punto che, superando la particolare situazione di Paderno Dugnano, assume carattere generale e rende, rabbiosi lor signori. I redditi debbono rimanere celati perché la loro conoscenza induce a confronti «oltre che spiacevoli, inevitabilmente negativi». Per l’appunto, signori: in un Paese onestamente governato le paghe sarebbero giuste, i compensi meritati, le retribuzioni adeguate, le differenze, pur possibili, eque. Invece da noi che succede? Succede che a povertà pietosissime fanno riscontro ricchezze immense, a indigenze pietose sfacciate fortune, a ristrettezze

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I manifesti di Cile e Vietnam

Inaugurata ieri la Mostra di Manifesti della Raccolta Risso che ricordano le mobilitazioni degli anni’70 a favore della resistenza cilena contro il colpo di stato di Pinochet, e a sostegno di quella vietnamita contro gli USA.

Alla presenza della sindaca Anna Varisco, e di rappresentanti dello Spi-CGIL, dell’ANPI e dell’Associazione Restare Umani che hanno collaborato alla riuscita della manifestazione, Sergio Risso ha raccontato della sua raccolta e della sua passione.

Era presente anche G.Pelucchi, responsabile dell’archivio storico della CGIL Milanese.

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Una Città Metropolitana senza limiti?

Articolo di Ottorino Pagani:

“Nelle aree ex-Falk di Sesto S. Giovanni si preannuncia la trasformazione nell’ennesima “macchia di cemento” per soddisfare l’ennesima speculazione finanziaria sulla rendita fondiaria di un’area da bonificare, fortemente inquinata, anche di rifiuti radioattivi. Il contenzioso in discussione sembra essere: “visti gli alti costi della bonifica (circa 600 milioni) l’indice di edificabilità va aumentato, passando dagli attuali 0.9 concessi (a fronte del limite massimo di 0.6 previsto dal PGT di Sesto S.G.) al valore richiesto di 1,5 mc/mq. Per fare un raffronto il PGT di Milano fissa come tetto massimo un indice di edificabilità di 0,35 …” (vedi: Milano Today del 14 luglio 2024).

Il tema riproposto dalle richieste della società proprietaria delle aree investe diversi livelli dell’amministrazione pubblica (il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), che deve dare il placet al piano particolareggiato approvato dal Comune col parere di Regione e Città Metropolitana) e per questo suggerisce alcune considerazioni:

  • la propaganda di una élite, priva di alcuna sensibilità ambientale, per la “città infinita” al fine di asfaltare e cementificare ciò che è già troppo asfaltato e “cementificato” si scontra con le evidenze del collasso ambientale da inquinamento e consumo di suolo per usi urbani, comprese le infrastrutture che consumano quei pochi residui di campagna rimasti. In questo scenario: non dovremmo “capire” che esistono limiti  fisici e funzionali, superati i quali la crescita della città può portare alla sua stessa morte? Il superamento dei limiti fisici dello sviluppo urbano, la congestione che ne é derivata, il progressivo scadimento della qualità della vita, sono i motivi che dovrebbero indurci a frenare la corsa al gigantismo urbano.

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Europa & resilienza.

Articolo di Ottorino Pagani:

“In ecologia la resilienza è definita come: “la velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato; le alterazioni possono essere causate sia da eventi naturali, sia da attività antropiche. Solitamente, la resilienza è direttamente proporzionale alla variabilità delle condizioni ambientali e alla frequenza di eventi catastrofici a cui si sono adattati una specie o un insieme di specie”. Con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) questa parola ha trovato enfasi nel linguaggio tecnico-istituzionale e indica un obbiettivo importante del Piano di sviluppo europeo.

Ma perché dovremmo allenarci alla resilienza contro i cambiamenti climatici in corso d’opera?

Questo orientamento risulta coerente con la strategia comportamentale prevalente in questi tempi, cioè prestare attenzione ai soggetti che vivono determinate esperienze piuttosto che agli oggetti che possono causarle: se sollevare pesi diventa troppo doloroso, si è di fronte a una scelta: o si diminuisce il carico o si presta meno attenzione al dolore. La strategia che predilige questa seconda scelta porta al proliferare di investimenti e di consulenti in psicoterapie che hanno il compito di intervenire alterando le sensazioni degli individui per gestire in meglio le proprie attività ed esperienze. In linea con questa strategia è, anche, la recente scelta del governo italiano “di raddoppiare lo stanziamento annuale dei fondi destinati al potenziamento deiservizi trattamentali e psicologici negli istituti di pena, attraverso il coinvolgimento di esperti specializzati e di professionisti esterni all’amministrazione”. Probabilmente, il successo di questa strategia fa leva sull’evidenza che il nostro cervello è più